Se siete come me, sapete cosa significa avere una vita piena: tra famiglia, lavoro e mille altri impegni, il tempo per il gaming diventa una chimera. Aggiungeteci il fatto che devo anche realizzare contenuti per Ludenz e impaginare il nuovo numero della rivista, ed è facile capire perché una sessione di gioco davanti al monitor sia ormai un evento più raro di un titolo finalmente originale tra le ultime uscite videoludiche. Cercavo qualcosa che potesse risolvermi il problema, senza spendere cifre esagerate acquistando uno degli ormai tantissimi handheld sulla falsariga di Steam Deck, Legion Go e affini, e in attesa - magari in futuro - di avere tra le mani l’appena annunciata Switch 2 di Nintendo (nella speranza che mia figlia non la sequestri). Ho optato quindi per il Backbone One - PlayStation Edition USB-C, che per me è diventato molto più di un semplice controller: è una soluzione, un alleato, un modo per non rinunciare alla mia passione in mezzo al caos quotidiano.



Un controller che salva (un po’) la passione Mi sono detto: se non posso andare dai videogiochi, saranno i videogiochi a venire da me. E dunque, da qualche tempo (e dopo comunque avermi alleggerito il portafoglio più del dovuto) il Backbone è diventato il mio fedele compagno di battaglie, e non parlo solo di quelle virtuali. Quando mio figlio piccolo decide che non si dorme se papà non è accanto a lui (e credetemi, se mi alzo, scatta un urlo degno di Hulk), questo accrocchio mi viene in soccorso. AirPods nelle orecchie, iPhone montato, e sono pronto a farmi una partita a Spider-Man 2 nel lettone. Lui si addormenta tranquillo, io mi rilasso un po’. Win-win. PlayStation… ma non troppo Il Backbone PlayStation Edition, esteticamente, è una gioia per gli occhi. Il bianco minimalista e i tasti con i simboli PlayStation lo fanno sembrare un piccolo DualSense. Ma attenzione, perché di “DualSense” ha solo l’estetica (nemmeno, è solo bianco anche lui): mancano i grilletti adattivi, la vibrazione aptica e altre caratteristiche che rendono speciale il controller PS5. È un po’ come ordinare una pizza gourmet e ritrovarsi con una margherita. Buona, gourmet quanto si vuole, ma ti aspettavi qualcosa in più. L’unica vera aggiunta esclusiva è una scorciatoia per aprire rapidamente la PS App, utile ma poco entusiasmante. Insomma, la partnership con PlayStation si limita a un tocco estetico e a una funzione marginale. Peccato, perché le potenzialità per fare qualcosa di veramente unico c’erano tutte.



L’unica vera aggiunta esclusiva è una scorciatoia per aprire rapidamente la , utile ma poco entusiasmante. Insomma, la partnership con PlayStation si limita a un tocco estetico e a una funzione marginale. Peccato, perché le potenzialità per fare qualcosa di veramente unico c’erano tutte. Ma la flessibilità è impagabile Ora, una domanda che mi sono fatto subito è: ma non sarebbe stato meglio PlayStation Portal? Ni, dipende. Portal, con il suo schermo integrato e i grilletti adattivi, è una macchina perfetta per il Remote Play. È praticamente un DualSense spezzato a metà (con tutte le funzionalità immersive che conosciamo) ma - di conseguenza - è pensato esclusivamente per PS5, mentre il Backbone è un multitasking portatile. Dove il Backbone brilla, infatti (oltre a costare meno della metà, rispetto a PlayStation Portal) è nella sua . Il Remote Play sulla PS5 funziona bene, con una connessione USB-C che garantisce una latenza minima. Ma non finisce qui: potete passare tranquillamente da a , fino ai giochi di o (e benedetto sia l’arrivo degli su iOS!). È il controller perfetto per chi non vuole essere legato a un’unica piattaforma. E poi c’è la compatibilità: che abbiate un iPhone o uno smartphone Android, il Backbone ci si adatta perfettamente. Non solo: tramite cavo è possibile sfruttarlo anche su iPad, Mac o Pc ed esiste anche una versione Lightning per i vecchi modelli di iPhone. Insomma, ce n’è per tutti.
versatilità
Game Pass
GeForce Now
Apple Arcade
App Store
emulatori



E poi c’è la compatibilità: che abbiate un iPhone o uno smartphone Android, il Backbone ci si adatta perfettamente. Non solo: tramite cavo è possibile sfruttarlo anche su iPad, Mac o Pc ed esiste anche una versione per i vecchi modelli di iPhone. Insomma, ce n’è per tutti. Il costo della comodità Certo, non tutto è perfetto. Per sfruttare al massimo il Backbone serve l’abbonamento Backbone+ (ma guarda te), che sblocca funzioni avanzate come registrazioni video in alta qualità e una guida universale ai giochi. È un extra che può infastidire, considerando che il controller costa comunque già intorno ai 120 euro, ma per molti potrebbe valere la pena. Io, onestamente, mi accontento delle funzioni base: mi bastano per quello che devo fare. Il Backbone non è un miracolo, ma è un prodotto che semplifica la vita. Per chi, come me, si destreggia tra famiglia, lavoro e progetti personali come Ludenz, è uno strumento che permette di ritagliare momenti per il gaming anche quando sembra impossibile. Non sostituisce l’esperienza di una sessione davanti al monitor con un DualSense in mano, ma rende tutto più accessibile e adattabile. Se anche voi vi trovate a dover scegliere tra i vostri impegni e la voglia di giocare, il Backbone è una soluzione che funziona. Non è perfetto, ripeto, ma è un accessorio che fa quello che promette e lo fa bene. E poi, poter lanciare Street Fighter o Red Dead 2 dal lettone mentre il piccolo dorme? Non ha prezzo. (Ora scusate, ma il boss mi aspetta e non posso deluderlo. Ha 3 anni ma un sacco di stamina). Logan Singer
